domenica 14 marzo 2010

Azzardo, scommesse e... ancora scommesse!

E' domenica. L'anno 2000 è passato da un pezzo. Apro gli occhi che ormai la sveglia segna le due del pomeriggio. Il pensiero che faccio è ormai un classico: se mi alzo troppo in fretta allora è sicuro che vomito! Del resto con tutto quello che ho buttato giù ieri (credo di avere anche fumato qualcosa... ma non so cosa) sarà difficile avere un risveglio morbido. Ciclicità di un giovane single. Si esce, ci si ubriaca, si prova a rimorchiare qualche facile ragazza, si viene rifiutati perchè si è sbronzi, ci si butta ulteriormente sul drink e ad un certo punto non si sa più cosa si sta facendo. E finisco a combinare i soliti casini che poi mi tengono in paranoia totale per una settimana, spingendomi sull'orlo di una crisi maniaco depressiva. Esco. Mi dirigo al solito bar. In qualsiasi postaccio di questi trovi quelle coloratissime slot machines che vanno a monete da un euro. Ne cambio cinque e li gioco sperando che compaiano quei maledetti e desideratissimi "Lucky Bonus" che ti fanno vincere almeno un centone, anche se solitamente i centoni che porti a casa arrivano anche a sei. In realtà quei cinque euri non ti fanno vincere un niente di niente tanto che ne cambio altri dieci. E qui puoi succedere che vai a casa con un cinquantone oppure con nulla. Non sono fortunato con queste cazzo di cose. Vado al banco e ordino una birra. Me la cavo meglio a bere, questo è sicuro. Neanche farlo apposta un tipo che solo a guardarlo ti sta sulle palle mette un euro nella slot dove giocavi tu: un paio di colpi e di euro se ne porta via settanta. In quell'istante vorresti aprirgli il cranio a colpi di sgabello. Ma devo contenermi. Non è il caso di fare altre brutte figure e ancora di più non è il caso di crearmi ulteriori casini. Meglio cambiare aria e sbollire in modi meno vistosi... Salgo in auto e mi dirigo al più vicino centro scommesse. L'Italia di oggi è piena zeppa di questi betting-point tanto che si ha l'imbarazzo della scelta sulle società che li gestiscono. Dentro questi postacci trovi la più squallida fetta della grande torta-società: scommettitori indebitati fino al collo, ubriaconi in cerca di una rivincita con la vita, malati di gioco ormai incurabili, criminali che re-investono i proventi delle loro attività illecite, immigrati clandestini che ci credono fino alla fine alla possibilità di farsi una vita migliore, giovincelli inconsapevoli del vizio che si stanno per prendere sulle spalle e che inevitabilmente finirà col gravare sulle spalle di chi li ha cresciuti, gente radiata da ogni bar e da ogni fetido club per la loro indole eccessivamente aggressiva, neri incazzati perchè a detta loro il mondo è deviato e sempre più razzista e altro, altro, altro ancora. Mi faccio strada tra la giungla multiculturale che affolla lo stabile e mi prendo un foglio con i pronostici. In meno di cinque minuti so con chiarezza cosa vale la pena di giocare. O almeno credo di pensare giusto. Investo su due schedine calcistiche combinate da cinque euro l'una e gioco gli ultimi due euro che trovo in tasca nelle solite slot che non possono certo mancare in un posto simile. I due euro sono belli che persi dopo neanche trenta secondi... Le schedine non lo so. Devo aspettare che giochino le partite. A oggi il mio rapporto vincite/sconfitte è prossimo allo zero. Sì perchè ho vinto un paio di volte una ventina di euro. Di contro ho scommesso su centinaia di schedine combinate senza mai ottenere un centesimo.

Scommesse infami. Vita infame. Società infame. Persone infami. Sistema infame. Oppure devo dare la colpa di tutto all'umanità intera e all'inevitabile mania di volere sempre più di quanto si può ottenere? Non c'è una risposta precisa. Fatto sta che questa corsa, tra l'altro persa già in partenza, non fa altro che inpoverire chi già ha poco e arricchisce chi ha ormai troppo. Certo che ogni tanto accade quello che viene definito "miracolo". Ma la statistica insegna che in questi casi c'è sempre quella possibilità su un milione. Peccato non tocchi mai a me.

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